Ma la libertà, dopotutto - lo sappiamo - è solo un modo di essere.
In effetti il motore con il turbo, l'intercooler e tutto il resto, valvola bypass e valvola termostatica incluse,
era la vera meraviglia delle meraviglie della piccola Katy.
Praticamente un motore da formula uno piccolo piccolo, un gioiello in formato bonsai.
E poi contavamo sulle sue dimensioni ridotte e sulla sua grande manovrabilità per ballarci il nostro rock'n' roll nel campionato nazionale Rally.
Per ridurre il peso ci si mise subito al lavoro.
All'interno togliemmo tutto il possibile, quello ammesso dal regolamento, ed anche un
po' dell' impossibile, già che c'eravamo.
Andammo a installare il roll-bar di protezione, l'estintore ed i doppi comandi, e poi i fari di profondità, i fari laterali, e pure quelli supplementari: insomma, la calandra sembrava il lampadario del teatro alla Scala. A dire il vero, con tutte quelle luminarie accese, l'alternatore non ce la faceva più a caricare la batterietta, ma poco importa. Nei Rally si corre anche di notte, ma per poche ore. Ovviamente abbiamo montato cerchi e pneumatici maggiorati, e poi modificato la marmitta e tutto quello che di solito si poteva fare per trasformare una piccola ma potente scatoletta di lamierino Fiat in una specie di razzo della NASA.
Per proteggere telaio e motore, oltre alla classica griglia di protezione della coppa dell'olio,
si ebbe la portentosa e geniale idea di fissare, con una serie di rivetti, una bella piastra di alluminio.
Il disotto della nostra Y10 ormai era come lo scudo di una testuggine: aveva una totale protezione da schizzi di sassi,
botte nelle buche, impiastrate di fango.
24 Maggio 1986.
Ed ora eccoci qui, nella notte di fine Maggio dell'anno di grazia 1986 , in gara nel Rally delle Prealpi Orobiche.
Ma non si era avuta l'allegra brigata di tutti noi piloti nel solito hotel consigliato dagli organizzatori.
Già l'anno prima, durante il Tour de Corse, era morto il grande Attilio Bettega e, pochi giorni prima della nostra partenza,
sempre nello stesso Tour de Corse dei primi giorni di Maggio, con lo stesso numero di gara, il numero quattro,
erano morti Henri Toivonen e Sergio Cresto.
E quindi, di allegria, ne era rimasta pochina : l'ultima curva di Toivonen e di Cresto era
stata veramente brutta, e quindi qualche pensierino in più lo avevamo tutti, nascosto ben bene in un taschino della tuta.
Ovviamente prima di noi erano partiti i vari mostriciattoli, le super-potenti supercar della Scuderia Martini che all'epoca aveva
in gara il meglio delle S4, anche se, fra noi piloti privati, la piccola Y10 era una bella incognita.
In realtà la piccola Katy era l'unica in gara della sua specie, o quasi, e quindi attirava occhiate di curiosità e commenti.
Quando corri di notte, con i fari che illuminano lungo le curve il pubblico assiepato, con la strada che si snoda fra boschi
e campi, mentre salti da un dosso all'altro, ti rendi conto che la tua Y10 turbo è una piccola scheggia,
un cavallino di gran razza con il quale devi stare attento a non pigiare troppo sull'acceleratore.
Ed allora nei rettilinei fai schizzare la lancetta rossa del contagiri in alto, rapidissima, ad ogni cambiata,
e poi, alla fine del rettilineo, quando proprio non ne puoi più, il colpo di freni liberatorio, la dolce piccola sbandata,
e poi ancora una cambiata decisa, brutale, e la Katy inizia a ballare il suo rock 'n' roll.
E poi entri in curva e dai gas, sempre più gas, e ancora gas, ed il motore canta la sua musica, le gomme
schiacciate sull'asfalto urlano la loro canzone:
e la Katy ti concede, generosa, i suoi cavalli mentre la vita,
anch'essa generosa, ti concede altri preziosi secondi.
Poi ci prendi la mano, il rock 'n' roll aumenta il ritmo e il rumore ti assorda completamente,
e si entra in una specie di trance e di totale immersione nell'adrenalina pura perché sai benissimo,
in realtà, che ogni volta che entri in una curva non sai bene come ne uscirai.
E solo l'interfonico ti tiene collegato con il tuo copilota, con il suo ansimare, le imprecazioni,
le grida e le urla delle istruzioni che poi, in ogni modo, devi andare tu, e tu solo, ad interpretare con un colpo
secco di volante, con una frenata decisa, con un'accelerata bruciante.
Non si è sempre sul filo del rasoio, si è spesso anche oltre, in un limbo fatto da infiniti ed eterni nanosecondi
che ti separano da un sasso, da un albero, da un fosso traditore, da un fragoroso suicidio.
Il ritmo della piccola Katy è sostenuto, anche se non comprendo bene dov'è il limite di aderenza dei nuovi pneumatici;
ed allora continuo a darci dentro sempre di più.
Fino a dove? Ed ecco che una curva secca, a destra, in discesa, si avvicina veloce al nostro destino.
Il mio copilota mi
dice: "sinistra meno meno". Significa che devi girare a sinistra e scalare di brutto.
Nei giorni prima si erano fatte le prove e le riprove del percorso.
Prove e sopralluoghi tutti fatti con l'immancabile auto a noleggio, tanto per non sciupare la nostra piccolina.
Con l'auto a noleggio, per anni, si erano sempre fatte le prove di gara e poi, durante il periodo di gara, l'usava
il meccanico per portarci gomme, ricambi, attrezzi , tutto l'utile e anche l'inutile magari poi pero' necessario più tardi.
Anni dopo, leggendo un contratto di nolo, da qualche parte, molto in piccolo, ho letto che è assolutamente proibito,
con l'auto a noleggio, partecipare a gare ed a prove di gare.
Ma perché mai ? Con tutti i soldi pagati per una bella super assicurazione!
In effetti non sempre le si rendevano lucide e pulite. Ma si sa, a far le gite in campagna con la ragazza ,
a volte le si sporcano appena appena e qualche graffio, alla fine, lo si può anche sopportare,
sono come un filo d'erba nei capelli: non guasta mai.
In ogni caso non mi ricordavo la curva a sinistra.
Ma mi ci infilo.
Nonostante l'ora tarda ed una mattinata
frescolina, c'erano una decina di spettatori abbastanza svegli da schizzare via al nostro passaggio; e poi tutti a farci grandi gesti
gridando chissà cosa.
Fra casco, rumore, motore al massimo di giri e tutto il resto, non è che si capisca poi un gran che,
anche perché si sente ben poco: le orecchie sono ormai fuori uso da tempo.
Ma era evidente che la curva non era a sinistra ma... a destra! Faccio una rapidissima retro marcia
e la Katy inizia a scivolare in basso, sempre più in basso…
I fari illuminano le stelle e ci si trova fermi su una ripida discesa verso un bel fosso..
La lamierona di alluminio, il nostro scudo da testuggine, si era staccata, arricciata come il coperchio di una scatola di sardine,
e ci aveva frenato nella rovinosa scivolata a valle.
Ma il pubblico dei rally è composto da gente stupenda, meravigliosa, e che , forse poi in realtà, non aspettava altro:
in un paio di secondi ci spingono di nuovo sulla strada, scattano i flash e ci danno una serie di ben auguranti pacche sul tettuccio:
ed eccoci allora di nuovo in strada, lanciati verso la prossima curva.
Ma si riparte con un rumore incredibile: il nostro scudo, ormai mezzo staccato, scivola sull'asfalto e sembriamo una mola a disco di
uno sbavatore: sprigioniamo solo scintille, come una pietra focaia nelle mani di uno scout.
Siamo più rumorosi noi di una Ferrari in calore.
Al nostro passaggio il pubblico agita le braccia, scatta fotografie,
grida qualcosa: credono che si vada a fuoco..
Ed, in realtà, la Katy in configurazione "scintillante" attira l'attenzione,
come una stella filante, anche se, per il rischio di incendio, poco ci manca.. Teniamo d'occhio l'estintore:
non si sa mai che possa servire.
Colpo di genio: mi fermo, recupero una corda - sempre avere una corda in macchina - la passiamo sotto la piccola Katy, e poi sul tetto,
e poi ci si lega dentro.
In questo modo la piastra resta sollevata da terra e le scintille non ci seguono più come una stella filante.
Un sospiro di sollevo anche perché non sappiamo bene se l'estintore è pieno oppure mezzo vuoto.
Ovviamente, legati dentro, non è che poi, in caso di emergenza, sia così semplice uscire dal finestrino.
La Y10 diventa una Y10 in versione cotechino, la Katy si mette in combinazione sado-maso.
Al primo posto di controllo
i giudici ci guardano perplessi e pensierosi:
la sicurezza non era al massimo ma ci lasciano correre ancora:
sono stanchi,
è quasi l'alba e premiano l'incoscienza.
Alla fine si arriverà ultimi della nostra classe ma anche gli unici superstiti delle piccole Lancia in gara .
Il Sant' Ypsilon aveva iniziato a vegliare su di noi, ma noi , forse, non ce ne si era ancora accorti.
L'agente locale della Lancia, impressionato dalle doti innegabili della nostra Turbo in versione cotechino, ci offre una guida della nuova Ypsilon
a trazione integrale, la Ypsilon 4 x 4, per l'anno dopo.
Pochi giorni dopo, a Giugno, Sant' Ypsilon, che deve essere un Santo di seconda categoria, visto che prima di lui ci deve pur essere
un Sant' Ics che è sempre il primo sul podio, si manifestò con tutta la sua misteriosa capacità di proteggere gli incoscienti,
di proteggere quelli che, fra una strada in piano ed una in salita, vanno diritto ad arrampicarsi su per quella in salita,
insomma un Santo che protegge quelli che, quando vedono un bel dosso, danno gas per vedere volare in un'auto e sentire che effetto fa.
Il Santo dei secondi e dei terzi classificati, di quelli che solo ogni tanto arrivano sul podio: insomma, proprio il nostro.
21 Giugno 1986.
Il 21 Giugno si era pronti al via del sesto giro del Bormida:
in un certo senso si correva in casa, per strade e
stradine che conosco benissimo. La piccola Katy era stata sistemata, lustrata ed ulteriormente alleggerita.
I nuovi ammortizzatori la tenevano attaccata all'asfalto come una cozza al suo scoglio e la protezione del telaio era ulteriormente rinforzata.
Anche la gabbia di protezione interna aveva avuto qualche piccolo ritocco:
avevamo saldato qualche rinforzino supplementare.
Evidentemente Sant'Ypsilon ci stava dando dei consigli dal suo garage in Paradiso.
Ed ecco la solita pioggia, la curva in discesa, a sinistra, scivolosa, sdrucciolosa e perfida dalle parti di Millesimo.
Voliamo fuori di strada dritti dritti.
La Piccola Katy, mentre svolacchia, è, improvvisamente, silenziosa.
I secondi passano lenti,
lentissimi, tanto lenti che pare non finiscano mai.
Voli verso il buio, e pensi… ma cosa pensi?
Poi lo schianto.
Ecco: senti un botto incredibile, il parabrezza
va in pezzettini piccoli piccoli, apri gli occhi.
Per questa volta siamo ancora qui.
Quando usciamo dai finestrini ci troviamo sul tetto di una Renault R5 Turbo che era uscita nello stesso punto, ma prima di noi.
Insomma, la piccola Katy era atterrata sul tetto della R5 in un abbraccio stretto stretto, d'amore profondo e duraturo, un vero
amore a prima vista fra una Lancia ed una Renault: un vero schianto.
Il resto è il solito carro attrezzi, le quattro chiacchiere con l'assicuratore di turno.
Gli assicuratori non hanno molta fantasia e il nostro non capiva bene perché mai dovesse pagare qualcuno di noi piloti incapaci di
stare in strada e quale poi mai dei due equipaggi, entrambi piuttosto birboni.
Alla fine, anni dopo, recuperammo una modesta somma, ma ci perdemmo l'assicuratore:
la Direzione Generale aveva deciso che assicurarmi rappresentava un rischio al di sopra delle loro esigue finanze di poveri miliardari.
Katy fu riportata in garage ma ormai la sua breve esistenza - di pochi mesi ma molto intensa - era finita.
Nonostante ciò ebbe una seconda vita: il suo motore, il suo cambio, il differenziale, e tutto quello che era rimasto di ancora utile ,
andarono a prestare un onorevole servizio su altre Y10, su tante altre piccole Katy.
In suo ricordo tenni il volante che, assieme ad altri ricordi, riempirono una cassa di cose tanto belle e tanto inutili,
come i caschi ammaccati, le tute strappate, gli articoli di giornale.
Fra un trasloco e l'altro la cassa si è persa perché - si sa - i ricordi svaniscono in fretta.
Sant' Ypsilon se la deve essere portata via, da qualche parte, in un deposito dei ricordi di piloti smarriti,
mentre lui è lì, in attesa, di darti ancora una mano, e di tenertela pure stretta, magari proprio dietro la tua ultima curva.
" Perché, la distinzione fra il passato, il presente ed il futuro non è altro che una persistente cocciuta illusione."